Te non il canto che di tenue venaLene a gli orecchi mormorio derivaNè sottil arte di servil camenaLusinga, o diva.Te giova il grido che le turbe assordaE all’armi incalza a l’armi i cuor cessanti,Te le civili su la ferrea cordaIre sonanti :E sol fra i casi de la pugna orrendiE flutti d’aste e fulminose spadeNel vasto sangue popolar discendi,O libertade.Tal t’invocava su la terra atteaTrasibul duro nè dubbiosi affanni,E cadean ostie a la cecropia deaTrenta tiranni :Tal, sollevato il parricida acciaro,Teste di regi consecrando a Dite.Bruto e Virginio un dí ti revocaroDiva quirite.Ma quale inermi a te le mani porgeDi tra una plebe che percossa giaceNon del tuo viso l’alma luce ei scorge ;Ma senza paceAssidua larva tu lo premi : ei volaTra le tue pugne co ’l desio veloce,E muto campo gli è il pensiero, e solaArme la voce.Tale il tuo nume nel gran cor portandoCorreva Italia l’astigiano acerbo,E trattò il verso come ferreo brando,Vate superbo :Te fra gli avelli sotto il ciel romanoChiamava ; e ’l nome giù per l’aer ciecoCupo rendeva a lui dal vaticanoVertice l’eco.Tu l’implacato allor flutto d’AtlanteRasserenavi de le die pupille :Aspri deserti sotto le tue pianteFiorian di ville.Quindi crollando la corusca lanciaSaltasti in poppa a i legni di Luigi,E ti scorgeano i cavalier di FranciaDentro Parigi.Ma noi te in vano al tuo già sacro ostelloDesiderammo, triste itala prole :Senza te mesto il cielo ed è men belloIl nostro sole.Torna, e ti splenda in man l’acciar tremendoQuale tra i nembi ardente astro Orione ;Deh torna, o dea, col bianco piè premendoMitre e corone.
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Alla libertà : inno
Carducci, Giosuè
Testo di Giosuè Carducci (≤1874, 1850 ?).
Pubbl. in Il Comunardo, n.4 (Fano, 1 gennaio 1874), p. 32.