Tra cieche torre, tra rocce pendentiSu’l nostro capo, entr’oscure caverne,Fra pozzi cupi e neri anditi algenti,Fra rei miasmi, fra tenebre eterne,Degni consorzio, dal mondo noi scissiA nutrir gli ozj d’ignoti signori,Noi, picconieri di monti e d’ahSepolti vivi, scaviamo tesori.Scaviam tesori noi squallido armentoA voi terreno concilio di Numi,Tesor di ferro, di zolfo, d’argento ;Tesor di gemme ch’abbagliano i lumi.A voi la terra vestita di fiori,Le rene, i cocchi, i teatri, le danze,Gli stabili ozj, i mutevoli amori,Il compro riso d’eterne speranze ;A noi non occhio d’azzurro, non sole,Non aura sana d’amo, e di vita,Non guardo amico, non dolci parole,Ma pena eterna, ma notte infinita.Uomini forse non siamo ? Qual tristoDestin c’infligge si fiera condanna ?S’esiste Dio, se incarnato s’é Cristo,Perché all’inferno ancor vivi ci danna ?Scaviam, scaviam ; chi sa ? forse tra pocoCi mozza il fiato quest’aria maligna,Ci schiaccia il monte, divoraci il fuoco :Vedete ? in fondo la morte sogghigna.Scaviam, scaviam le ree viscere a questaTerra a noi ricca d’obbrobrj e d’affanni ;Finché un sol guizzo di vita ne resta,,Scaviamo il trono de’ nostri tiranni.Stridete, su, negre macchine immani,Argani urlate, picconi battete,Tuonate, mine, scoppiate, vulcani :Le nostre tombe mugghiando schiudete.Venuta é l’ora ! Noi vili, noi rei,Ai forti, ai giusti, sorgiamo davanti ;Noi, brulicame d’abietti pigmei,Mirare in volto vogliamo i giganti.Noi v’abbiam dato l’immenso tesoro,Che in sen chiudeva gelosa la terra ;Ma voi, titani dell’ozio, con l’oroAvete mossa a noi primi la guerra.Noi v’abbiam l’arche di gemme ripiene,E voi le figlie ci avete corrotte ;Del ferro avere a noi fatte catenePer inferraci all’errore, alla notte.Del carbon adro, che l’arti ravviva,Che vi sfossiamo noi maceri e lerci,A voi calore, a voi luce derivaE pingui industrie e volanti comerci.Per voi spezziam le montagne, per voiScendiam ne’ letti dell’igneo granito ;E voi co’l marmo negato agli eroiColossi ergete a chi il pan ci ha rapito.Eppur, vedete ? siam buoni e cortesiBenché canaglia da forca e da fogna :Patrizj biondi, pasciuti borghesi,Brindiamo un po’, non abbiate vergogna :Brindiamo insieme al Lavoro che affrancaAlla Giustizia che l’opere abbella,Al pan che a noi, all’onor che a voi manca,Ed alla Pace che tutti affratella.Ma voi fremete, ed offesi dal lezzoDei nostri cenci torcete la faccia :E ci lanciate co’l vostro disprezzoUn duro tozzo e una vecchia minaccia.Voi minacciate ? Codardi ? Com’angueLe cento lingue il nostr’adio saetta :Non vogliam pane, ma sangue, ma sangue,Ma un giorno solo d’allegra vendetta.
M. Rapisardi