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Appello alla riscossa

Zavattero, Domenico


Testo di Domenico Zavaterro (1898 ?). Su aria dell’ “Inno di Garibaldi”.


Lavoratore oppresso, schiavo ed avvilito,
che il campo altrui fecondi col rude tuo lavor,
se della tirannia il regno vuoi finito,
solleva il curvo capo, calpesta l’oppressor.
Sei tu che produci, sei tu che lavori,
dannato agli stenti, dannato al soffrir ;
sei tu che ad ingordi, rapaci signori
procuri l’ebbrezza di un empio gioir.
 
(ritornello)
Diserta il supplizio, diserta fratello,
ché già la riscossa ti chiama all’appello ;
l’appello che suona ai vili fatal
segnando il trionfo d’un grande ideal.
 
Garzon che gli anni sciupi in opra faticosa
se vuoi dell’esistenza distruggere il dolor,
infrangi il duro giogo, che vil progenie oziosa
t’avvinse al giovin fronte dannandoti al sudor.
Distruggi, compagno, la tetra officina,
già troppo ha durato il tuo lungo servir ;
accorri, ché l’ora solenne è vicina
di vincer pugnando o in armi morir.
 
ritornello
 
E tu che rassegnata al tuo crudel destino,
pel ricco fannullone strumento di piacer,
trascini i tristi giorni sperando nel divino
compenso che promette un prete menzogner.
Deh, vien che già spunta fiorito l’aprile
di vita novella, di mite stagion ;
deh vieni a far coro compagna, gentile,
cantando ribelle, gagliarda canzon.
 
ritornello
 
Manipolo noi siamo d’oppressi e senza pane
che demmo all’avvenire il braccio ed il pensier :
ribelli ad ogni giogo, vogliam le genti umane
chiamar alla conquista del diritto di goder.
Stringiamo, stringiamo le nostre coorti ;
sorgiamo compatti contr’ogni oppression :
se forte è il nemico, noi siamo più forti,
poiché siam pel giusto nell’aspra tenzon.
 
ritornello
 
Monarchi sanguinari, politicanti astuti,
preti bugiardi e ladri ci voglion dominar ;
privi d’ogni diritto viviamo al par dei bruti,
siam carne da macello, strumenti da sfruttar.
Oppressi, fiaccati nel turpe servaggio,
subimmo pur l’onta, d’insulto villan ;
ma or che siam sorti, lavare l’oltraggio
nel sangue borghese, ribelli, saprem.
 
ritornello
 
Non ci trattenga il braccio del vil borghese il pianto,
è dopo l’uragano terribile soltanto
che più fulgente il sole in ciel radioso appar.
Alfine redente, le plebi gioconde,
un’alba di pace spuntare vedran ;
e alfin spenti gli odi, all’opre feconde
verranno cantando nel lieto diman.
 
ritornello

Catanuto, Santo ; Schirone, Franco. Il Canto anarchico in Italia nell’Ottocento et nel Novecento (2009), p. 131-132 (& mus.)


Paru aussi dans Cancionero revolucionario ilustrado : colección de himnos y canciones libertarias en español é italiano, himnos revolucionarios. — Buenos Aires : Bautista Fuyeo, 1905 (p. 53-54).